Respinto il ricorso dei sei ‘rider’ che avevano intentato una causa civile contro Foodora, dopo l’interruzione improvvisa del rapporto di lavoro a causa delle proteste organizzate  per ottenere un equo trattamento economico e normativo.

Il Tribunale del lavoro Torino ha accolto la tesi dell’azienda, sostenuta dagli avvocati Ornella Girgenti, che con i colleghi Paolo Tosi e Giovanni Realmonte hanno parlato di assenza di vincolo di subordinazione, elemento necessario per dichiarare “illegittima” l’interruzione del rapporto di lavoro
“Da un lato manca l’obbligo di lavorare – hanno spiegato i legali – “dall’altro l’obbligo di far lavorare. Erano i rider a decidere quanto e quando dare disponibilità e l’azienda non si è mai vincolata a far lavorare. Non c’è scritto da nessuna parte che il rider deve offrire una disponibilità minima e molti fattorini, all’ultimo, soprattutto nei giorni di pioggia in cui le richieste di consegne sono tantissime, rinunciavano ai turno, senza preoccuparsi di cercare un sostituto, senza scusarsi. Chi è stato sospeso dalla chat ha utilizzato parolacce”

Intanto gli avvocati dei rider Giulia Druetta e Sergio Bonetto hanno annunciato la volontà di appellarsi alla sentenza.

“Se questo sistema di lavoro è stato ritenuto legittimo, si espanderà” –  hanno commentato, aggiungendo: “I rider di Foodora erano sfruttati, monitorati dall’azienda in ogni loro mossa. E chi si è lamentato è stato espulso, una discriminazione evidente. E il rapporto che legava i rider all’azienda aveva le caratteristiche del lavoro subordinato, anche se loro erano inquadrati come collaboratori autonomi. I ragazzi dovevano essere reperibili in maniera costante ed erano monitorati e valutati in ogni mossa per riuscire a mantenere il posto in azienda con contratti privi di tutela e sotto ricatto”.