22/05/2018

Territorio

Libertà di scelta sul ricovero ospedaliero, lo chiedono i firmatari di una petizione popolare

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Rimuovere l’obbligo del ricovero ospedaliero per le donne che ricorrono ad interruzione volontaria di gravidanza mediante somministrazione di mifepristone e prostaglandine (Ru486), lasciando la decisione delle modalità del ricovero stesso al medico in accordo con la paziente, e una verifica del numero di medici obiettori che lavorano presso gli ospedali e le Asl piemontesi per una corretta pianificazione del servizio per le IVG.
Sono queste le richieste rivolte alla Regione Piemonte e contenute nella petizione popolare illustrata in Regione, alla presenza dell’assessore alla Salute, dalla prima firmataria, coadiuvata dal responsabile del servizio unificato per le IVG della Città della Salute di Torino, che ha sede presso l’ospedale ostetrico ginecologico Sant’Anna.

Sulla base dei dati forniti, il Piemonte è la regione con il più alto numero di casi trattati con la Ru486, disponibile dall’aprile 2010 a conclusione di un iter di registrazione durato oltre due anni. Nel 2016 sono stati 2606, il 38,3 per cento delle IVG; all’ospedale Sant’Anna per il 52 per cento delle IVG totali è stata utilizzata la Ru486 e le sedute chirurgiche sono diminuite da 10 a 4 settimanali, generando risparmi per la spesa sanitaria.

Sempre secondo quanto riportato in audizione, dal 1° gennaio 2014 il protocollo adottato prevede il day hospital terapeutico, con una sola cartella clinica e più accessi, mentre le “linee di indirizzo sulla IVG con mifepristone e prostaglandine” tuttora adottate dalla Regione Piemonte prevedono il ricovero ordinario di almeno tre giorni con l’eventuale possibilità di dimissioni volontarie anticipate della donna e riprogrammazione di un secondo ricovero. Modalità che i firmatari ritengono in contrasto con il principio di buona pratica clinica e le revisioni della legge 194/78 e che, come hanno precisato, sono già state rimosse dalle Regioni Lazio, Emilia Romagna, Toscana e Liguria, e non sono di fatto applicate in tutte le altre regioni, ricorrendo alle dimissioni volontarie.

Alla Regione è stato anche chiesto di fornire i dati numerici dei medici obiettori, distinguendo tra medici ospedalieri e dei consultori, e di valutare l’individuazione di strutture ospedaliere di riferimento per le interruzioni di gravidanza al fine di ottimizzare il servizio.

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