23/04/2019
Cronaca
Il caso – Una telefonata del pm ha liberato il folle senegalese che voleva uccidere invocando ‘Allah’
Un nuovo caso a Torino, esploso dopo l’aggressione di Pasqua, quando Ndiaye Migui, senegalese di 26 anni, che aveva occupato uno spazio di un capannone di via Cuneo, ha preso a sprangate 4 poliziotti e una guardia giurata che tentavano di allontanarlo.
Un agente ha riportato ferite alla testa, uno alla mano, mentre la Guardia giurata è stata colpita al ginocchio e morsicata.
Ma l’immigrato era già stato arrestato poche settimane fa per resistenza a pubblico ufficiale, ed è stato subito liberato.
Secondo la ricostruzione fatta da Il Giornale, in quel caso è bastata una chiamata del pm di Torino che ha disposto “l’immediata liberazione” del senegalese. Quindi pochi giorni dopo la nuova aggressione, ancora più violenta da parte del senegalese che invocava Allah.
Ora l’uomo è accusato di tentato omicidio
A rivelarlo, spiega Il Giornale, “è un’ “annotazione” redatta dagli agenti della volante che intervennero all’interno dello stabile a Barriera di Milano. Una precisa ricostruzione dei fatti: “Alle ore 16.05 – si legge – la locale centrale operativa inviava” l’equipaggio “in via Cuneo 20 ove personale della SICURITALIA, addetto alla vigilanza dello stabile e dei lavori in corso d’opera, segnalava la presenza di persone estranee”. Una volta sul posto, i due poliziotti si trovano di fronte ad una baracca costruita “con laterizi e scarti industriali”. All’interno “bivaccava un soggetto di colore” che non vuole “uscire dalla proprietà”.
L’uomo è proprio Ndiaye Migui, ma in quelle ore la sua identità è però ancora sconosciuta, anche perché, si legge nell’annotazione: “pur comprendendo la lingua italiana” – si rifiuta di “declinare le proprie generalità”. I poliziotti temono che nasconda “armi e/o oggetti atti ad offendere”. Non trovano nulla e lo portano in questura per “sottoporlo ai dovuti rilievi foto dattiloscopici e antropometrici”, per risalire all’identità.
Ma Ndiaye Migui si rifiuta di “compilare la scheda identificativa, dà in escandescenze e tenta persino la fuga e nel pomeriggio, dopo una scontro fisico cercato dal senegalesi, è arrestato per “resistenza e violenza a pubblico ufficiale”.
“Come da protocollo, alle 17.47 gli operatori telefonano al pm di turno “per notiziarlo dei provvedimenti adottati nei confronti” del senegalese – scrive Il Girornale – “Il magistrato dà il “nulla osta a procedere all’arresto”, precisando però che “il provvedimento in questione sarebbe stato successivamente oggetto di convalida, previo accertamento dei rispettivi riscontri Afis”. Intanto il 26enne sarebbe dovuto rimanere nelle camere di sicurezza del Commissariato San Paolo. Peccato che i “riscontri Afis” (“Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte”) indicati dal pm fossero impossibili da reperire visto che lo straniero si era rifiutato di sottoporsi ai rilievi dattiloscopici e antropometrici. Gli agenti telefonano nuovamente al pm e lo informano del disguido. Gli fanno anche notare che senza impronte è impossibile portarlo in una camera di sicurezza. Chiedono allora di poter precedere al “foto segnalamento coattivo” in modo da “garantire i riscontri Afis” all’autorità giudiziaria “necessari al proseguio” del “procedimento” ai danni dell’immigrato.
Il pm – scrive Il Giornale – “però manifesta “il suo totale dissenso” al fotosegnalamento coattivo e invita gli agenti “a mettere in atto ulteriore opera di convincimento”. Tanto “prima o poi, a suo dire” avrebbe ceduto alle richieste. Prova ora, prova dopo, l’immigrato non si piega. I poliziotti rialzano nuovamente il telefono e comunicano il fallimentare tentativo di riportare sulla retta via il migrante”.
E il pm a quel punto dispone “l’immediata liberazione del soggetto” arrestato poco prima, “pur non essendo riusciti a risalire all’identità e alla posizione giuridica”. Lo “sconosciuto” torna così nella sua baracca, poi la brutale aggressione ai poliziotti, il tentato omicidio a colpi di spranga.
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