18/03/2020
Cronaca
Lo studio conferma: Smog e Pm10 hanno accelerato la diffusione del Coronavirus
C’è anche l’inquinamento atmosferico, un elemento che purtroppo vede Torino ai vertici in Europa, fra le componenti che hanno portato alla rapida diffusione del coronavirus.
“Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi” – è quanto emerge dall’ultimo studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Bari, che ha esaminato i dati forniti dalle Agenzie regionali per la protezione ambientale relativi a tutte le centraline di rilevamento attive in Italia.
Nell’analisi è stato registrato il numero di episodi di superamento dei limiti di legge (ossia 50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle diverse province italiane. Sforamento che come ben sanno i torinesi ha riguardato innumerevoli volte il capoluogo piemontese (ma anche numerose altre province della pianura padana).
Dallo studio emerge che: “il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni”- spiegano dall’Università di Bari.
Analizzando i casi di contagio da Covid 19 è emersa così una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di Pm10 e il numero dei contagiati.
“Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio hanno prodotto un boost, un’accelerazione alla diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”, ha dichiarato al Fatto Quotidiano Leonardo Setti, dall’Università di Bologna.
A queste parole si aggiungono quelle di Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima):
“L’impatto dell’uomo sull’ambiente sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli – ha dichiarato al Fatto – “Questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta. In attesa del consolidarsi di evidenze a favore dell’ipotesi presentata, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della virulenza dell’epidemia da Covid19″.
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