04/12/2024

Territorio

Torino – Quando nel Po si nuotava: la storia delle spiagge in città

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Quando nel Po si nuotava: la storia delle spiagge in città

Nel passato, lungo il fiume Po a Torino, esistevano vere e proprie spiagge urbane che vivevano un periodo di grande popolarità.

Nel 1876, Luigi Rocca descriveva i cosiddetti “bagni natanti”, strutture galleggianti adibite alla balneazione. Ce n’erano tre principali: uno più semplice e frequentato, vicino ai Molini della Rocca, dedicato prevalentemente alle donne; un altro per gli uomini; e infine uno elegante, situato presso la scalinata che scendeva al fiume alla fine dell’attuale via dell’Ospedale, in corrispondenza dei Murazzi.

L’origine di questi stabilimenti risale agli anni Trenta dell’Ottocento, quando i primi bagni galleggianti fecero la loro comparsa accanto ai Molini della Rocca e vicino all’isolotto del Meisino, nei pressi del ponte di Sassi.

Con il passare del tempo, queste rudimentali strutture si evolsero in veri stabilimenti balneari, come quello creato nel 1851 da Guglielmo Biestra, che includeva istruttori di nuoto. Questo stabilimento, situato probabilmente vicino al Giardino della Pallamaglio, nell’area dell’attuale Parco del Valentino, venne però distrutto da una piena del fiume.

Nel 1855 venne introdotto un regolamento per garantire decoro e privacy: gli stabilimenti dovevano essere recintati con frasche, palafitte e teli per evitare che i bagnanti fossero visibili dai passanti. Inoltre, i frequentatori erano obbligati a indossare pantaloni lunghi fino al ginocchio, e le aree per uomini e donne dovevano essere rigorosamente separate. Per di più, i bagni chiudevano alle dieci di sera, erano vietati di notte e nelle ore domenicali dedicate ai riti religiosi.

Con il passare dei decenni, l’abitudine di frequentare il fiume per la balneazione declinò.

Gli ultimi stabilimenti a essere smantellati si trovavano alla confluenza tra il Po e il Sangone, un’area che ispirò anche il celebre “Sangon Blues” di Gipo Farassino.

Questi bagni vennero rimossi per fare spazio alle infrastrutture realizzate in occasione di Italia ’61, segnando la fine di un’epoca.

 

 

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