Torino – “Mio fratello si è ucciso dopo una truffa online”: l’appello al Presidente Mattarella

13/04/2025

Una tragedia silenziosa, figlia di un dolore nascosto dietro lo schermo di un cellulare. È quella vissuta da Alessandro Argentini, 56 anni, trovato morto il 24 gennaio nella sua casa di via Basso a Chivasso. A spingerlo al gesto estremo sarebbe stata una truffa online legata ai bitcoin, che lo aveva portato a perdere tutti i suoi risparmi e ad accumulare debiti insostenibili.

A denunciare il dramma è oggi la sorella Antonella Argentini, che ha deciso di rompere il silenzio e scrivere una lunga, accorata lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una lettera pubblicata anche dal gruppo ACTA – Azione contro truffe affettive e crimine informatico, di cui Antonella è diventata attivista dopo la scomparsa del fratello.

“Egregio Presidente, sono un’italiana come milioni di italiani – si legge nell’incipit della missiva – con la sua piccola vita, il suo lavoro e la sua famiglia. Come da insegnamento dei miei genitori ho sempre cercato di essere una brava persona. Ed una brava persona era mio fratello, Alessandro. Lo era, perché è mancato il 24 gennaio. Era così disperato che non ha trovato via d’uscita alla situazione in cui si era trovato, suo malgrado”.

Alessandro aveva perso il lavoro e, da pochi mesi, anche la madre. La sorella racconta che, dopo la sua morte, ha ritrovato il cellulare e lo ha portato ai carabinieri, scoprendo che l’uomo era stato raggirato da un’organizzazione di truffatori online, capaci di indurlo a investire somme sempre maggiori in false piattaforme di trading in criptovalute. “Mi creda Presidente, mio fratello era una persona intelligente, però molto fragile. In queste truffe non ci “cadi”, come spesso mi dicono – sottolinea Antonella – ma ti ci fanno cascare. Ti studiano, ti agganciano e ti persuadono. È una manipolazione vera e propria”.

Secondo la donna, non si tratta di un caso isolato. Dopo le sue apparizioni televisive, molte persone le hanno scritto, confessando di aver perso familiari per truffe simili o di trovarsi sul baratro. “Mi ha contattato Francesco, che non ha più i soldi nemmeno per mangiare e riceve ancora messaggi di scherno dai suoi truffatori. Alessandro, invece, aveva un padre che si è lasciato morire per la vergogna. Ora il figlio dovrà pagare debiti contratti con finanziarie per denaro volato nelle tasche dei truffatori». «C’è Marisa – aggiunge – la cui sorella Katia si è tolta la vita per le stesse ragioni. E Luana, che avevamo trovato tra i contatti sul telefono di mio fratello: abbiamo dovuto dirle noi che era vittima di una truffa. Lei non se ne era nemmeno resa conto”.

Nella sua lettera, Antonella chiede un impegno concreto da parte dello Stato per contrastare quella che definisce una criminalità organizzata digitale, “saldamente barricata dietro un cellulare” e spesso impunita. “Non posso sopportare che tutto taccia. Che i truffatori siano ancora online, che si comportino da bulli sapendo che nessuno li cerca e nessuno li ferma”. “Signor Presidente, vorrei che Lei mi facesse un favore, anzi che lo facesse ad Alessandro Argentini, mio fratello che di male non ne ha mai fatto a nessuno. Mi aiuti, La prego. Fermiamo questa criminalità. Non può essere un crimine di serie B, perché Alessandro indietro non torna”.

Antonella, che oggi fa parte del gruppo ACTA Famigliari, continua a ricevere testimonianze e richieste d’aiuto da parte di altre vittime o loro familiari. La sua speranza è che la morte di Alessandro non sia stata vana. “Facciamo in modo che mio fratello sia l’ultimo. L’ultimo fratello da piangere, l’ultimo zio che non vedrà il compleanno di sua nipote, l’ultimo amico che si spegne per questo motivo”.

Le truffe online: una minaccia crescente
Nel 2023, secondo i dati della Polizia Postale, le truffe online hanno generato un giro d’affari superiore ai 500 milioni di euro. Le frodi legate a investimenti fittizi in criptovalute sono in crescita esponenziale, spesso gestite da gruppi criminali internazionali che operano in rete con grande abilità. La vergogna, la solitudine e la paura del giudizio altrui spingono molte vittime a non denunciare, alimentando un sistema che, come sottolinea Antonella, “oggi muove più soldi della droga, ma fa molto meno rumore”.

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