
Torino – Caos al Cpr di corso Brunelleschi. Dopo la rivolta parla Lo Russo: “E’ inadeguato, va chiuso”
Torino , caos al Cpr di corso Brunelleschi. Dopo le fiamme e la rivolta parla Lo Russo
Il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Torino è di nuovo al centro dell’attenzione, a meno di un mese dalla sua riapertura. Due eventi ravvicinati hanno riacceso un acceso confronto politico e istituzionale: la rivolta avvenuta nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, con incendi e disordini all’interno della struttura di corso Brunelleschi, e la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 2 maggio, che ha disposto la scarcerazione di un migrante perché trattenuto senza informazioni adeguate sui propri diritti.
A prendere posizione con fermezza è stato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che ha rinnovato il suo attacco al sistema dei Cpr, definendolo «completamente inadeguato» e «inefficace» nella gestione dell’immigrazione. Il primo cittadino ha ribadito che il capoluogo piemontese non vuole il Cpr e ha sollecitato un ripensamento complessivo della strategia nazionale, puntando su modelli alternativi basati sull’integrazione e sul rispetto della dignità umana. A suo avviso, criminalizzare l’immigrazione non solo non risolve i problemi, ma mina anche la coesione sociale.
Critiche simili erano già state espresse in passato anche da figure religiose, come l’arcivescovo di Torino, cardinale Roberto Repole, che aveva parlato della riapertura del centro come di «un passo doloroso».
“I fatti dell’altra notte – ha dichiarato il sindaco Lo Russo – ” ci pongono di nuovo di fronte alla totale inadeguatezza e alla totale inefficacia che questo istituto ha e ha avuto, fin dalla sua istituzione, nella gestione delle politiche migratorie».
«Continuiamo a sostenere che occorra un ripensamento della strategia sull’immigrazione del governo — ribadisce il sindaco—, che affronti la questione con approcci completamente diversi, che puntino all’inclusione e a una gestione dei migranti diversa da quella dei Cpr che per la loro gestione sottraggono ingenti risorse umane ed economiche che potrebbero e dovrebbero essere destinate al controllo e al presidio del territorio. La criminalizzazione dell’immigrazione non solo, come è evidente, non è una strada efficace ma è anche controproducente per la tenuta della coesione sociale».