
In Italia e in Grecia le persone sono più povere di 20 anni fa: sono i peggiori Paesi in Europa. Il crollo del reddito reale
L’Italia e la Grecia sono gli unici due Paesi dell’Unione Europea dove i cittadini risultano oggi più poveri in termini reali rispetto a vent’anni fa.
Tra il 2004 e il 2024, infatti, il reddito reale pro capite in Europa è cresciuto mediamente del 22,3%, con incrementi significativi in nazioni come Germania (+24,3%), Francia (+21,2%) e anche Spagna (+10,7%). Al contrario, in Italia il reddito reale è calato del 3,9%, mentre in Grecia la diminuzione è stata del 5,1%.
Per “reddito reale” si intende non solo lo stipendio, ma l’insieme di tutte le entrate disponibili, comprese le rendite da affitti e investimenti, depurate dall’effetto dell’inflazione, cioè ciò che effettivamente permette di acquistare beni e servizi.
La stagnazione italiana dipende da fattori strutturali: la crescita del PIL è stata molto contenuta, il tessuto produttivo si basa principalmente su settori tradizionali a bassa produttività come il turismo e su piccole imprese che innovano poco e spesso non riescono a competere a livello internazionale. Anche la produttività del lavoro è rimasta ferma: i lavoratori hanno mediamente meno formazione, operano in contesti organizzativi poco efficienti e subiscono gli effetti di una burocrazia lenta e di procedure complesse.
Un ulteriore freno alla crescita del reddito reale è la debolezza della contrattazione salariale.
Circa metà dei lavoratori italiani dipende da contratti collettivi scaduti, con aumenti che spesso arrivano molto dopo l’aumento dei prezzi, riducendo il potere d’acquisto. Così, mentre in molti altri Paesi europei stipendi e redditi hanno superato l’inflazione, in Italia il guadagno reale è rimasto indietro, con conseguenze dirette sul benessere delle famiglie e sulla capacità di far fronte ai costi della vita.