
A Torino nasce la nuova batteria a idrogeno pensata per le auto green – Ecco il prototipo realizzato da 2 società torinesi

A Torino prende forma una novità nel campo dell’innovazione sostenibile: si tratta del primo prototipo di una batteria progettata appositamente per veicoli alimentati a idrogeno. Questo dispositivo sarà presentato ufficialmente a giugno ed è frutto della collaborazione tra due realtà locali: Beond, una società di ingegneria attiva nel settore della mobilità green, e MeC, specializzata nell’analisi dei costi industriali.
La collaborazione tra le due aziende è iniziata nel 2023 con l’obiettivo di rispondere alle esigenze tecnologiche legate alla propulsione a idrogeno, attraverso lo sviluppo di una batteria innovativa. Il risultato di questa alleanza è il progetto H2IPER, un’iniziativa da un milione di euro cofinanziata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con il supporto del Patto Territoriale dell’area ovest di Torino.
Per raccontare i progressi fatti, MeC ha recentemente ospitato la “Hydrogen Week”, una settimana di incontri e confronti alla quale hanno partecipato circa 70 aziende, dalle PMI della filiera automotive a nomi noti come Italdesign e Pininfarina. Durante l’evento, è stato illustrato il percorso del progetto, partito con un’analisi dettagliata delle tecnologie già in commercio, come nel caso della Toyota Mirai — una delle poche immatricolate in Italia — che è stata smontata pezzo per pezzo per studiarne il funzionamento.
La nuova batteria sviluppata da Beond si distingue per tre caratteristiche principali: modularità, che permette l’integrazione in diversi tipi di veicoli; un avanzato sistema di gestione basato su intelligenza artificiale, in linea con le normative europee sul “Battery Passport”; e un’alta densità energetica combinata a peso ridotto e struttura compatta.
Ma la questione economica rimane centrale. Come sottolinea Massimo Bardissone, CEO di MeC, i costi della mobilità a idrogeno sono ancora significativamente più alti rispetto a quelli delle tecnologie elettriche o termiche tradizionali. Oltre alla fuel cell, è la complessità dell’intero sistema a incidere, con un numero di componenti superiore del 30-40% rispetto a un motore convenzionale.
A questo si aggiunge il nodo infrastrutturale. Quando il progetto H2IPER ha preso il via, si parlava di realizzare oltre 130 stazioni di rifornimento a idrogeno nel Nord Italia, ma oggi, a parte Trento, non ne esistono quasi. Per questo motivo, gli esperti insistono sull’urgenza di una strategia nazionale e di investimenti pubblici adeguati, per non rischiare di rimanere indietro rispetto ad altri Paesi più avanti nello sviluppo della mobilità a idrogeno.