14/04/2023

Economia

Bankitalia, il debito pubblico è da record: 2.772 miliardi di euro a Febbraio

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Bankitalia, il debito pubblico è da record: 2.772 miliardi di euro a Febbraio

Il debito pubblico italiano aumenta di 21,6 mld di euro rispetto al mese precedente

Nella nota “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” la Banca d’Italia ha spiegato che l’incremento è dovuto al fabbisogno (che si attesta a 12,9 miliardi) e alla crescita delle disponibilità liquide del Tesoro (ossia 8,6 miliardi, a 43,3).

Alla situazione ha contribuito anche l’effetto complessivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso, ma anche della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio.

“Dai dati di Banca d’Italia – spiega il sito specializzato Milano Finanza – ” è emerso che a gennaio il controvalore del portafoglio di titoli di Stato italiani detenuto da soggetti esteri si è ridotto ancora, toccando il livello più basso da settembre 2012, segnala l’agenzia Reuters. Infatti, il valore di gennaio è stato pari a 614,940 miliardi di euro dai 621,563 miliardi di dicembre. In base a calcoli Reuters sui dati di Via Nazionale, la quota in mano ai non residenti sul totale in circolazione è risultata pari a 26,94% da 27,26% di dicembre. I dati includono i titoli di Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti (come gestioni patrimoniali e fondi) e quelli in portafoglio direttamente all’eurosistema (non attraverso Banca d’Italia) e da banche centrali di altri Paesi”.

E le agenzie hanno già messo in guardia il nostro Paese

“Le agenzie di rating – si legge ancora su Milano Finanza – “hanno messo in guardia l’Italia da ulteriori ritardi o revisioni degli obiettivi stabilità con l’Unione nell’ambito del Pnrr, che potrebbero avere ripercussioni sulle prospettive di crescita e sulla sostenibilità del debito. Si ricorda che circa un mese fa la Commissione Europea ha congelato una tranche di fondi da 19 miliardi, chiedendo al Governo chiarimenti sui lavori in corso per centrare gli obiettivi da cui dipende l’erogazione del denaro. L’Italia è anche in ritardo nell’utilizzo di 67 miliardi già ricevuti da Bruxelles. Il monito è arrivato in sequenza da Dbrs, Moody’s e Scope che hanno parlato esplicitamente di potenziali ricadute per il rating del Paese. L’Italia dovrebbe ottenere un totale di circa 200 miliardi di fondi Ue nell’ambito del Pnrr entro il 2026, principale beneficiario del piano in termini assoluti. Il Governo di Giorgia Meloni starebbe lavorando per trovare delle soluzioni ai ritardi attraverso modifiche ai programmi di spesa già concordati o una proroga delle scadenze attuali. «Le obbligazioni italiane hanno registrato una performance piuttosto positiva dall’inizio dell’anno, con un calo dei rendimenti del decennale di circa 50 punti base, mentre negli altri Paesi la diminuzione è stata più limitata su obbligazioni a scadenza equivalente: -14 pb per i Gilt britannici, -25 pb per i Bund tedeschi e -44 pb per i Treasury statunitensi», sottolinea Sandra Holdsworth, Head of Rates UK di Aegon Asset Management. La curva dei rendimenti dell’obbligazionario italiano è più ripida rispetto a tali mercati, con un rendimento dei bond a 10 anni di circa il 4,15%, a fronte dell’equivalente tedesco che si aggira al 2,3%. «Si tratta di un premio che riflette la natura più rischiosa del mercato italiano. Proprio perché il rischio associato all’Italia è maggiore, di norma ci si aspetterebbe che le obbligazioni italiane registrino performance inferiori all’aumentare dei rendimenti, come avvenuto nel 2022, mentre nel corso del 2023, al diminuire dei rendimenti, il mercato italiano dovrebbe ottenere una performance superiore, a condizione che non si verifichino sviluppi negativi a livello locale», aggiunge Sandra Holdsworth.

“Nell’Eurozona – conclude Milano Finanza, che fa il quadro della situazione – ” i mercati continuano a prezzare un ulteriore aumento dei tassi d’interesse fino a circa 75 punti base. Un aumento superiore a questa soglia potrebbe turbare nuovamente le piazze obbligazionarie, con il rischio che i guadagni realizzati quest’anno vengano annullati. «Se si dovesse verificare questo scenario, ci aspettiamo che i bond italiani subiscano una lieve tendenza al ribasso, ma che i rendimenti a 10 anni non salgano molto al di sopra del 4,5%. Questo livello ha provocato una forte domanda da parte degli istituti di risparmio nazionali e offre un forte rendimento reale, nell’ipotesi in cui la Bce riesca a riportare l’inflazione al 2% nel medio termine. Un’ipotesi affatto irrealistica, essendo anzi il mandato primario della Bce; anche i mercati dell’inflazione lo ritengono il risultato più probabile nell’arco dei 10 anni», continua l’Head of Rates UK di Aegon Asset Management la quale mantiene una posizione neutrale sui Btp, in quanto si aspetta che i rendimenti europei non subiranno grandi variazioni nel breve periodo”.

 

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