
Il 90% dei petti di pollo a marchio Conad, Coop ed Esselunga mostrano segni di crescita accelerata – Ecco i risultati
Se fossero persone, li definiremmo individui con seri problemi alle articolazioni, incapaci di muoversi a causa di profonde lesioni sotto i piedi. Ma si tratta di polli, considerati “idonei” dalla normativa e quindi immessi sul mercato come carne sicura. Questo consente la proliferazione di allevamenti che funzionano come vere catene di produzione, dove l’obiettivo è far crescere gli animali il più rapidamente possibile, senza tener conto delle condizioni in cui vivono.
A guidare questo modello sono i grandi gruppi del settore – Aia, Amadori e Fileni – che insieme riforniscono la maggior parte delle catene di supermercati, tra cui Conad, Coop, Esselunga, Lidl e altre insegne della GDO.
Una recente indagine dell’associazione Essere Animali fotografa un contesto allarmante: oltre il 90% dei petti di pollo venduti a marchio Conad, Coop ed Esselunga presenta evidenti striature bianche, un fenomeno noto come white striping. Si tratta di una degenerazione muscolare causata da una crescita troppo rapida, dove le fibre non riescono a svilupparsi correttamente e vengono sostituite da tessuti grassi e cicatriziali. Il problema riguarda quasi tutto il mercato, poiché i polli delle principali catene appartengono alle stesse linee genetiche iperselezionate, allevate con metodi analoghi.
Questa condizione, pur non comportando rischi sanitari diretti, riduce la qualità nutrizionale della carne: aumenta la quota di grassi e collagene, mentre diminuiscono le proteine. Parallelamente, sono frequenti lesioni alle zampe dovute a lettiere sporche e umide, segno di ambienti non adeguati. Una rilevazione del Ministero della Salute ha mostrato che oltre un terzo dei polli macellati presenta ustioni plantari, spesso gravi.
Il contrasto con le dichiarazioni dei supermercati, che affermano di porre massima attenzione al benessere animale, è evidente. Nessuna delle principali catene aderisce allo European Chicken Commitment, lo standard europeo che impone razze a crescita più lenta e migliori condizioni di allevamento. Solo alcune realtà, come Carrefour Italia, Eataly e parte della produzione Fileni, hanno adottato questo modello.
La questione è tornata al centro del dibattito dopo la replica di Coop, che sostiene di riscontrare il white striping in meno del 5% dei propri controlli interni.
Ma Essere Animali, riporta Il Fatto Alimentare: “sottolinea come questo dato sia in netto contrasto con la letteratura scientifica internazionale, la quale attesta un’incidenza tra il 50% e il 90% nelle razze a rapido accrescimento – le stesse utilizzate prevalentemente da Coop. Al contrario, i risultati di Essere Animali , che superano il 90%, sono in piena coerenza con gli studi scientifici. Per risolvere questa discrepanza, Essere Animali chiede a Coop di rendere pubblica la metodologia completa utilizzata per i propri controlli interni e si offre per un controllo congiunto in nome della massima trasparenza”.