
In Italia occupazione in (lieve) aumento, ma crescita economica debolissima. Com’è andata veramente l’economia italiana nel 2025. I dati
Nel 2025 l’economia italiana ha mostrato un andamento altalenante. Il governo rivendica una tenuta complessiva del sistema, con inflazione sotto controllo e conti pubblici in miglioramento, mentre le opposizioni sottolineano una crescita molto debole, una produzione industriale in affanno e prezzi ancora pesanti per molte famiglie. Al di là delle letture di parte, i dati disponibili restituiscono un quadro fatto di progressi limitati e fragilità strutturali.
Lo studio, realizzato da Pagella Politica, fa il quadro della situazione.
La crescita del PIL è rimasta modesta. Secondo le stime ISTAT, nel 2025 l’economia italiana dovrebbe espandersi dello 0,5 per cento, un ritmo inferiore a quello del 2024 e nettamente più basso rispetto alla media europea. A sostenere l’attività economica sono soprattutto la domanda interna e gli investimenti, spinti dai progetti legati al PNRR. Anche i consumi delle famiglie risultano in lieve aumento, grazie a salari e occupazione in crescita, ma il contributo del commercio estero è negativo, perché le importazioni aumentano più delle esportazioni. Nel confronto internazionale, l’Italia cresce meno di Francia, Spagna e Polonia, mentre solo la Germania fa peggio.
Sul fronte del lavoro si registrano segnali positivi, ma non uniformi. Il tasso di occupazione sale al 62,7 per cento e la disoccupazione scende al 6 per cento. Tuttavia l’Italia resta il Paese con il livello occupazionale più basso d’Europa, soprattutto per il forte divario di genere. Inoltre, l’aumento degli occupati riguarda quasi esclusivamente i lavoratori autonomi, mentre tra i dipendenti si osserva una sostanziale stabilità. I contratti a tempo indeterminato crescono leggermente, quelli a termine diminuiscono. L’incremento dell’occupazione si concentra soprattutto tra gli over 50, mentre cala tra giovani e adulti sotto i 50 anni.
La produzione industriale, invece, non dà segnali di ripresa. Nel corso dell’anno è rimasta sostanzialmente ferma, con un indice che si mantiene sotto i livelli del 2021. Alcuni settori mostrano dinamismo, come l’estrattivo e la metallurgia, ma altri registrano forti flessioni, in particolare chimica, tessile e raffinazione.
L’inflazione resta contenuta, attorno all’1,1 per cento, molto lontana dai picchi del biennio precedente. Tuttavia l’andamento dei prezzi è diseguale: calano energia e comunicazioni, mentre aumentano alimentari, sanità e servizi turistici, alimentando la percezione di un carovita ancora elevato.
Infine, i conti pubblici migliorano: il deficit scende al 3 per cento del PIL e il saldo primario cresce. Resta però alto il debito, al 136,2 per cento del PIL, anche se inferiore alle previsioni iniziali. Secondo il governo, dal 2027 dovrebbe iniziare una graduale riduzione.