
In Piemonte la Lega vuole vietare il Burqa – La mozione

Il dibattito sul divieto del burqa e del niqab nei luoghi pubblici si riaccende in Piemonte, dopo una nuova iniziativa della Lega, che ha presentato una mozione in Consiglio regionale per chiederne l’interdizione. Dopo aver già tentato, senza successo, un’azione simile nel Consiglio comunale di Torino – dove la maggioranza di centrodestra non dispone dei numeri necessari – il capogruppo leghista Fabrizio Ricca ha rilanciato la proposta a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale.
Nel testo dell’ordine del giorno, la Lega ribadisce che la libertà di culto è un diritto fondamentale, ma sottolinea che tale libertà può essere regolamentata quando si scontra con altri valori di pari rilievo, come la sicurezza pubblica. In quest’ottica, viene richiesto alla giunta guidata da Alberto Cirio di adottare provvedimenti per proibire ogni forma di copertura integrale del volto in luoghi aperti al pubblico, facendo riferimento anche al contesto scolastico, dove – secondo il partito – tale misura contribuirebbe non solo alla tutela della sicurezza ma anche a promuovere l’integrazione degli studenti più giovani.
Il burqa e il niqab, tradizionali indumenti femminili dell’Islam, vengono citati come simboli di una sottomissione femminile imposta da tradizioni patriarcali. La Lega sostiene che spesso vengano utilizzati non per reale motivazione religiosa, ma come espressione di imposizioni culturali dannose nei confronti delle donne. Inoltre, viene fatto notare che la normativa italiana già prevede il divieto di indossare elementi che ostacolino l’identificazione personale – come caschi o maschere – salvo giustificati motivi. Tuttavia, secondo i promotori della mozione, la clausola del “giustificato motivo” sarebbe spesso utilizzata per aggirare il divieto facendo leva sulla fede religiosa.
Il documento fa anche riferimento all’esperienza della Lombardia, dove nel 2015 fu vietato l’ingresso con il volto coperto in strutture sanitarie. Oltre al richiamo alla sicurezza, la proposta affronta anche il tema dei diritti delle donne e dell’inviolabilità della loro dignità, dichiarando che determinati codici di abbigliamento potrebbero derivare da costrizioni maschili e non da libera scelta.
La mozione auspica inoltre una modifica legislativa a livello nazionale per introdurre il reato di “costrizione all’occultamento del volto”, aggravato se la vittima è una donna, un minore o una persona con disabilità. La condanna per questo reato comporterebbe l’impossibilità di ottenere la cittadinanza.
Nonostante la determinazione della Lega, l’iniziativa sembra trovare scarso sostegno tra gli alleati. Fratelli d’Italia, attraverso il capogruppo Carlo Riva Vercellotti, ha mostrato scetticismo, indicando che le vere urgenze regionali riguardano la gestione delle recenti calamità naturali e la riforma dell’organizzazione regionale. “Non ho ancora letto il documento, ma oggi le priorità del Piemonte sono altre – ha dichiarato Carlo Riva Vercellotti, capogruppo di FdI –. Dobbiamo occuparci dei danni causati dal maltempo e della riforma della legge di riordino”.
Anche il Movimento 5 Stelle, con Sarah Disabato, ha criticato la proposta, definendola una manovra populista senza reale efficacia giuridica e volta soltanto a suscitare consenso. Secondo l’opposizione, il rispetto dei diritti delle donne non può passare per azioni simboliche di questo tipo, soprattutto in un ambito – quello regionale – che non ha competenza diretta in materia. “È l’ennesimo atto simbolico privo di contenuto – commenta Sarah Disabato, capogruppo M5S –. Esiste già una normativa sul riconoscimento in luoghi pubblici. E comunque la Regione non ha competenza diretta su questi temi”.