01/06/2018

Politica

Ma chi ha votato l’Italexit? Salvini sull’argomento dovrà gettare la spugna per non perdere la sovranità

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Se il tema non è stato esplicitato in campagna elettorale, non possiamo permettere che entri con decisione nel dibattito dopo le elezioni” – questo il succo del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fatto nel momento in cui ha rifiutato il nome di Paolo Savona come Ministro dell’Economia, un nome che ha acceso in molti il timore di una possibile uscita dall’Euro del nostro Paese.

Oggi, alle ore 17, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i Ministri giureranno fedeltà sulla Costituzione. Ma intanto si fa largo una domanda: chi ha votato l’Italexit? Q

L’82enne Savona è stato ieri spostato agli Affari Europei, un ruolo più marginale, una mossa nello scacchiere della trattativa fra Cinque Stelle e Lega che ha permesso di far partire il governo denominato “gialloverde”.
Il neo Ministro si era macchiato della colpa di essere stato co-autore qualche anno fa di un documento intitolato “Guida pratica per uscire dall’Euro”, in cui ha evidenziato come al’interno dell’Unione Europea sia stato energicamente imposto il modello economico tedesco.
Il documento propone un’alternativa di politica economica, non finalizzata esplicitamente all’Italexit, ma fornisce lo spunto per una “nuova era economica sovrana”.
Concetti che hanno fatto saltare metaforicamente (ma forse neanche troppo) sulla sedia il presidente Sergio Mattarella, che ha bocciato il nome di Paolo Savona, correndo il rischio di andare a nuove elezioni, prima che la situazione si sbloccasse ieri sera con la nascita del nuovo governo e l’accordo raggiunto tra Di Maio e Salvini.

Italexit sì Italexit no.
Su questo agomento l’opinione pubblica ha discusso negli ultimi giorni: c’è chi lamenta il fatto che molti elettori di Cinque Stelle e Lega hanno votato le due forze politiche senza sostenere la posizione Italexit. Una posizione, secondo una certa analisi politica, che sarebbe invece ‘tramata’ dalla Lega, attraverso l’ariete Paolo Savona. Ma la volontà di uscire dall’Euro è stata smentita più volte da Salvini, Di Maio e dallo stesso Savona che ha rassicurato negli ultimi giorni il presidente Mattarella.
Per non sollevare ulteriori sospetti anche nella sede nazionale della Lega, in via Bellerio, sono state cancellate nelle ultime ore le scritte che campeggiavano sul muro e recitavano: “Basta Euro”.

Un passo indietro sull’eventualità di un Italexit è stato inoltre sollecitato da avvertimenti arrivati da tutti i livelli:

Così scrive Alberto Brambilla, esperto di economia, già autore di inchieste per l’Espresso, ora editorialista del Foglio:

“Il capo Matteo Salvini e il braccio destro Giancarlo Giorgetti sostengono di non volere lasciare il blocco ma di negoziare i trattati europei. Tuttavia le posizioni degli economisti di partito, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, e dell’economista Paolo Savona, respinto dal Quirinale come ministro dell’Economia, non rassicurano. Gli avvertimenti alla Lega sono arrivati a tutti i livelli: imprese private e pubbliche attraverso Confindustria, aziende lombarde, senza contare le fibrillazioni sul mercato obbligazionario e azionario, le strigliate del governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, e la Banca centrale europea.
L’idea – aggiunge Brambilla – è che la Bce interviene sul mercato di un paese in pericolo quando nessun altro lo fa perché i rendimenti dei titoli di stato vanno così in alto da rendere impossibile la relativa copertura delle spese per interessi su bond di nuova emissione. Il paese non ha più accesso al credito ed è prossimo al fallimento. La Bce già compra titoli pubblici sul mercato secondario in condizioni normali, ma il programma Omt, chiamato anche “scudo anti spread”, è subordinato all’assistenza del Meccanismo europeo di stabilità, detto “fondo salva stati”, che è l’unico organismo con funzioni da prestatore di ultima istanza quando, in casi eccezionali, la Bce non può accettare in garanzia titoli di stato di paesi a rischio default. Dall’intervento deriva l’osservanza di certe condizioni: significa firmare un memorandum d’intesa con le riforme macroeconomiche negoziate tra lo stato membro e tre soggetti la Commissione europea, il Fondo monetario e la Bce, detti “troika”. L’Italia diventerebbe un “paese sotto programma” come la Grecia dal 2010-2011 per gli anni successivi. La smania dei partiti sovranisti di recuperare sovranità monetaria verrebbe mortificata con la perdita totale della sovranità.
Il declassamento del rating potrebbe avviare un circolo vizioso tra rischio sovrano e stabilità finanziaria, con conseguenze imprevedibili. Paradossalmente – conclude Brambilla – il problema maggiore non sarebbe il debito. La Banca d’Italia ha ricordato che la scadenza del debito pubblico italiano è aumentata fino a sette anni e il cambiamento nella struttura della proprietà del debito, dopo tre anni di acquisti Bce con il noto Quantative easing, rende il problema meno grave per il governo italiano. Il problema maggiore sono i depositi bancari che rappresentano il 56 per cento dei finanziamenti totali delle banche. Le banche sono meno vulnerabili a oscillazioni sui tassi di interesse, lo sono molto di più in caso di fuga di depositi. La corsa agli sportelli è il primo rischio in caso di Italexit e per quello basta il panico. Se Salvini non vuole impoverire il “ricco” nord conviene che la Lega eviti messaggi equivoci in campagna elettorale”.

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