
Mario Draghi lancia l’allarme: «L’Europa rischia la stagnazione. Necessario puntare sull’Intelligenza artificiale»
Durante l’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano, Mario Draghi ha lanciato un nuovo segnale d’allarme sul futuro economico dell’Ue, indicando nell’innovazione e soprattutto nell’AI il fulcro per ritrovare competitività.
Per l’ex premier, le economie mature non possono più contare solo su lavoro e capitale: l’invecchiamento della popolazione e infrastrutture ormai obsolete impongono un’accelerazione tecnologica. Ha ricordato come il premio Nobel Solow avesse già dimostrato che, superata una certa soglia di sviluppo, la crescita dipende quasi interamente da produttività e diffusione dell’innovazione.
Secondo Draghi, negli ultimi vent’anni l’Europa è passata dall’essere ricettiva verso le nuove tecnologie a un contesto che frena l’adozione dell’innovazione. «Negli ultimi vent’anni – ricorda – siamo passati dall’essere un continente che accoglieva le nuove tecnologie […] Ora questo schema si ripete con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale». Il confronto internazionale è impietoso: «Lo scorso anno – continua l’ex premier – gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondamentali […] l’Unione Europea solo 3». Se il divario non verrà recuperato, avverte, «l’Europa rischia un futuro di stagnazione con tutte le sue conseguenze».
Due recenti rapporti confermano questo scenario. Lo State of European Tech di Atomico descrive un ecosistema che cresce nel numero di imprese e investitori ma non accelera abbastanza: troppa frammentazione, scarsa collaborazione pubblico-privato e un quadro regolatorio percepito come troppo rigido dalla maggior parte dei founder. Solo una minoranza considera favorevole l’ambiente normativo, mentre si invoca un mercato davvero unico che faciliti raccolta fondi e scalabilità.
Il secondo studio, l’AI Diffusion Report di Microsoft, evidenzia un’Europa con buone basi — infrastrutture digitali diffuse, ampia popolazione connessa — ma incapace di trasformare questi punti di forza in una leadership nell’intelligenza artificiale. La capacità di calcolo è insufficiente e i modelli più avanzati vengono sviluppati altrove. La ricerca europea è di qualità, ma fatica a convertire scoperte in prodotti industriali competitivi, frenata da investimenti limitati e barriere nazionali.
“Il quadro che emerge -scrive Il Sole 24 Ore – ” è quello di un continente che ha tutto per dominare la diffusione dell’AI ma che sta ancora cercando di capire come diventare protagonista anche nella produzione e nello sviluppo dei modelli più avanzati. L’Europa non è indietro, ma non è neanche davanti. È in una zona intermedia in cui la qualità delle competenze non basta più e l’infrastruttura non è ancora abbastanza. L’AI corre e chi resta fermo viene superato senza che nessuno se ne accorga. Per l’Europa questo significa prendere sul serio l’idea che il vantaggio non è nelle premesse, ma nella velocità con cui riuscirà a trasformare le sue basi solide in un ecosistema capace di competere davvero sulla frontiera tecnologica globale. Ecco perché sono particolarmente importanti le ultime parole del discorso di Draghi. I giovani in Italia e in Europa «devono pretendere di avere le stesse condizioni che permettono ai loro coetanei di aver successo in altre parti del mondo e combattere gli interessi costituiti che si oppongono. I loro successi cambieranno la politica più di qualunque discorso o rapporto e costringeranno regole e istituzioni a cambiare».