12/03/2019
Politica
Pensioni – Salvini esalta quota 100 ma resiste la legge Fornero
L’analisi è stata realizzata dal quotidiano di economia e finanza Il Sole 24 Ore e punta a dimostrare come ‘quota 100’ non superi la riforma Fornero. O almeno non per tutti.
Matteo Salvini ha esaltato in più occasioni la nuova legge del governo: “Chiedete alle persone che incontro se preferiscono restare sotto sequestro della Legge Fornero ancora per uno, due, tre o quattro anni. Oppure se preferiscono poter scegliere se recuperare quanto hanno versato” – è quanto ministro dell’Interno va ripetendo da settimane.
Vediamo nel dettaglio.
“Pensioni. Stop legge Fornero” è il titolo del paragrafo del contratto di governo in cui si precisa il piano per le pensioni
“Occorre provvedere – si legge -“all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. “Fornero”, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse. Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti».
Quota 100 è stata così introdotto ma secondo Il Sole 24 Ore ma non supera la riforma Fornero.
“Si tratta – scrive Francesca Barbieri sul giornale di economia – “di una finestra che resta aperta per tre anni, solo per chi ha 62 anni d’età e almeno 38 di contributi. Le domande arrivate sfiorano quota 90mila, in poco più di un mese. Per tutti gli altri: la legge Fornero “resiste”, eccome. Con il decretone, le porte di uscita dal mercato del lavoro – a partire dai 58 anni di età – sono salite a sette, considerando i principali canali di pensionamento: quota 100, opzione donna, precoci, usuranti, Ape volontario e sociale, isopensione”.
Barbieri specifica che resta il canale definito “standard” della pensione anticipata, ossia quello previsto dalla legge Fornero. Con 42 anni e 10 mesi di contributi e un anno in meno per le donne nel corso dell’anno sarà possibile andare in pensione tre mesi dopo aver maturato i requisiti. Questo a prescindere dalla propria età anagrafica.
“In base a quanto previsto dal decretone – si legge sul Sole 24 Ore – “quota 100 sarà sperimentale – dal 2019 al 2021 – e permetterà l’uscita di lavoratori privati e pubblici con 62 anni e 38 di contributi. Si potrà uscire anche con 63, 64, 65 e 66 anni con un minimo di 38 anni di anzianità contributiva”.
Opzione donna
Una novità è rappresentata dalla misura sperimentale di ‘opzione donna’, attraverso la quale sarà concesso alle lavoratrici con 57-58 anni e 35 anni di contributi di uscire subito dal mercato del lavoro, puntando sul regime contributivo.
Ma, precisa Il Sole 24 Ore:
“Chi sceglie opzione donna deve comunque aver ben presente che l’assegno sarà ricalcolato per intero con il metodo contributivo, che porta a un “taglio” fino al 40% per le lavoratrici che abbiano maturato contributi con i sistemi retributivo e misto”.
Prorogata inoltre dal governo gialloverde anche la sperimentazione dell’Ape sociale per tutto l’anno in corso. Questo permetterà uscite flessibili a 63 anni di età con 30 di contributi di lavoratori in situazioni di difficoltà.
C’è poi il caso del ‘cumulo gratuito’.
Ossia, spiega il quotidiano di economia e finanza: “la possibilità di sommare periodi contributivi versati su gestioni diverse per raggiungere prima la pensione. Dopo l’entrata in vigore del decreto, lo si potrà utilizzare anche per arrivare ai 38 anni necessari a un candidato quota 100, ma solo tra le gestioni Inps. Resta in vigore, perché già a regime, anche la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) efficace come traghetto verso la pensione di vecchiaia alimentato dai contributi accantonati dagli iscritti a una forma di previdenza complementare. Per usarla servono i requisiti Ape”.
Infine l’isopensione.
“Un anticipo fino a 4 anni rispetto alla legge Fornero a patto che l’azienda versi, con oneri interamente a suo carico, un assegno ai lavoratori pari alla pensione per tutto il periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti per il pensionamento. Una via di uscita con un iter amministrativo complesso e molti costi per le aziende – scrive Il Sole 24 Ore – “Il periodo di 4 anni è stato esteso, per il triennio 2018-2020, a 7 anni, come prevede la legge 205/17, ultima manovra Gentiloni. E il Governo Conte, anche in questo caso, ha confermato”.
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