Picchiate, umiliate e costrette a sposare parenti. Dopo la denuncia di una donna marocchina, che vive ormai da 15 anni a Torino, salvata dalla Polizia dopo l’ennesima aggressione ai suoi danni, è emerso un fenomeno inquietante che riguarda Torino e sicuramente altre città italiane. La donna ha rischiato di essere uccisa dal marito-padrone. Salvata dall’intervento del fratello, che ha messo ko l’aggressore con una bottigliata in testa.

L’uomo è stato arrestato e poco dopo rimesso in libertà con il divieto di avvicinamento. E la vittima ha messo in luce un dramma che coinvolge numerose donne africane, anche sotto la Mole.
Matrimoni combinati, con cerimonie svolte a Torino; uomini che non possono essere lasciati, per scongiurare episodi di estrema violenza e per non “disonorare legami di sangue”.

I matrimoni combinati tra uomini e donne appartenenti alla stessa famiglia coinvolgono maggiorente immigrati nordafricani e sono retaggio di una cultura tribale di famiglie prevalentemente marocchine, tunisine, egiziane.

Nell’ultimo caso la donna ha rivelato la sua triste realtà ai poliziotti del commissariato San Donato.

E’ stata trovata dagli agenti mentre pochi giorni fa camminava sperduta in via Livorno, fuggita dal marito che aveva tentato di ammazzarla.
“Sono stata zitta — ha detto ai poliziotti — “perché la madre di mio marito è mia cugina e la nostra famiglia non capirebbe se io lo denunciassi o mi lamentassi. Nella nostra cultura non è ammissibile che una donna si ribelli all’uomo. Ora ho paura che mi uccida”, dice la donna trapiantata da tempo a Torino.
Il marito, 42 anni, operaio, è stato arrestato ma scarcerato 48 ore dopo, con un divieto di avvicinamento alla donna. Che ora vive nel terrore.