
Torino – Askatasuna, anche le Associazioni cattoliche scrivono alla città: “Torino non è uno stato di polizia. Vogliono criminalizzare il dissenso”
Dopo lo sgombero del centro sociale Askatasuna e la manifestazione di protesta, anche il mondo cattolico torinese prende posizione. La presidenza delle Acli di Torino ha diffuso una lettera aperta rivolta alla cittadinanza, pubblicata nella serata di sabato, in cui esprime una forte critica alle modalità dell’intervento e al clima politico che lo ha accompagnato. Al centro del messaggio c’è l’affermazione che “Torino non è uno stato di polizia. Non ci riconosciamo nel modello autoritario con cui l’Esecutivo sta gestendo i rapporti tra istituzioni, società e persone”.
Nel testo si descrive un quartiere trasformato da una presenza massiccia delle forze dell’ordine: “Polizia, muri, idranti, scuole chiuse, strade vuote e tanta amarezza. Un intero quartiere militarizzato”, una risposta giudicata eccessiva e sproporzionata rispetto alla situazione, “per sei persone”.
Secondo le Acli, quanto accaduto non è un fatto isolato ma si inserisce in una tendenza repressiva che limita il confronto e svuota gli spazi di socialità.
La fine del progetto “Askatasuna bene comune” viene definita una sconfitta non solo per chi lo animava, ma per l’intera città, perché mette in discussione l’idea di comunità, partecipazione e conflitto come occasione di crescita. Le associazioni cattoliche criticano inoltre un governo che, a loro avviso, ignora i fragili percorsi di dialogo portati avanti dall’amministrazione comunale con realtà sociali complesse ma radicate nel tessuto civico. Alla base dello sgombero, secondo la lettera, ci sarebbe la volontà di “Criminalizzare il dissenso, colpire e reprimere le forme di partecipazione dal basso”.
Le Acli auspicano la ripresa del confronto tra Comune e centro sociale, riconoscendo che il dialogo è difficile ma potenzialmente fecondo. Lo sgombero viene invece letto come una resa collettiva e una scelta basata sulla forza, “che parla la lingua della propaganda e del rancore”.
Da qui l’appello finale a non interrompere il confronto, a sostenere un dialogo maturo e continuo e a costruire una città viva, inclusiva e non soffocata dalla repressione, ricordando che “Torino è una luce. Non lasciamo che si spenga”.