25/06/2024

Territorio

Torino – Salone del Libro, le polemiche continuano. A distanza di un mese, le proteste degli editori

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Torino – Salone del Libro, le polemiche continuano. A distanza di un mese, le proteste degli editori

La XXXVI edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, la prima diretta da Annalena Benini, si è conclusa con un grande successo di pubblico, attirando 222.000 visitatori nei cinque giorni dell’evento. Tuttavia, non sono mancate tensioni e polemiche: manifestazioni pro-palestina, contestazioni a Elena Cecchettin, l’aggressione verbale allo scrittore Stefano Massini, e controversie legate alla regione ospite, la Liguria, e alla presenza di Fedez.

Anche gli editori hanno incontrato numerosi ostacoli, sia pratici che organizzativi. In particolare, quattro piccole case editrici (Rina Edizioni, LiberAria Editrice, TerraRossa Edizioni e Stilo Editrice) hanno espresso delusione per la scarsa attenzione riservata agli editori indipendenti. Queste case editrici hanno condiviso le loro rimostranze in un lungo post sui social media, criticando il Salone per la mancanza di supporto e sollevando questioni più ampie sui problemi strutturali che affliggono il settore dell’editoria.

Ecco la lettera di protesta:

Caro Salone del Libro di Torino, abbiamo aspettato un mese dalla fine della fiera prima di scrivere questo post, il tempo necessario per far passare il disappunto e l’amarezza, ma anche per avere risposta alla pec di rimostranze che vi abbiamo inviato, cosa che puntualmente non è avvenuta. Insomma ci avete ghostato, come nelle migliori relazioni tossiche, e l’avete fatto fin dall’inizio. Ma andiamo con ordine.

Quest’anno eravamo quattro editori indipendenti, Liberaria, Rina, Stilo e TerraRossa, e abbiamo deciso di prendere uno stand più grande (24mq in luogo dei soliti 16), confermando la nostra partecipazione appena aperte le iscrizioni e saldando la nostra quota regolarmente a metà marzo.

Ai primi di marzo abbiamo cominciato a inviare mail per sapere se ci fosse stato riconfermato, come auspicavamo, lo stand avuto negli ultimi cinque anni al padiglione 3.
Non ci ha mai risposto nessuno.

Una prima comunicazione è arrivata il 15 aprile, a seguito di numerose mail senza risposta e di altrettante telefonate in cui ci è stato ribadito che eravate troppo impegnati per risponderci. Perché noi, invece, notoriamente smacchiamo ghepardi.

Quando è arrivata la proposta, la sera del 15 aprile, lo stand era notevolmente più piccolo di quello pagato e in tutt’altra posizione.
A quel punto abbiamo riscritto, ma ancora una volta nessuna risposta fino al 20 aprile, in cui ci è stato assegnato uno stand di 24mq questa volta, ma chiaramente ricavato a stento dallo sfratto di qualcun altro: la disposizione dello stand ricordava una cucina anni ’80, un blocco quadrato da 16mq più un corridoio da 8mq, che naturalmente è rimasto inutilizzato.

Questo straordinario ritardo ci ha impedito tante cose: di poter usufruire dei servizi aggiuntivi della fiera, che scadevano il 20 aprile e per cui avremmo dovuto pagare maggiorazioni se avessimo voluto servircene; di predisporre per tempo comunicazione e grafiche, di mandare il numero di stand ai nostri distributori in tempo utile. Abbiamo organizzato il Salone in dieci giorni di lavoro forzato e riunioni nei fine settimana.

Le sorprese che ci avete riservato però non erano finite: quando siamo venuti ad allestire, la curiosa posizione dello stand guardava verso il muro, aveva una pianta diversa da quella approvata, e un bizzarro lato chiuso che affacciava verso il padiglione. In pratica eravamo invisibili. Alla posizione remota e di per sé introvabile, ha poi contribuito al nostro oblio il fatto che due di noi, Liberaria e TerraRossa, non fossero rintracciabili sul vostro sito nemmeno col motore di ricerca, inconveniente a cui avete riparato il venerdì sera e solo su nostra segnalazione.

Il primo giorno mancava la corrente elettrica al nostro stand, per cui non solo non avevamo la luce e la possibilità di ricaricare pos e telefoni, ma avevamo anche elettricisti sulla scala dediti a curiose acrobazie in mezzo ai lettori che si avvicinavano allo stand.
In tutto questo, nemmeno una parola, una mail, un messaggio, un incontro, una mano tesa a cercare di aiutarci o almeno di risponderci.

Forse volevate comunicarci che, a dispetto dei bei proclami, piccolo non conta, eppure noi piccoli nel nostro piccolo abbiamo saputo fare la differenza, anche per il Salone.

Tralasciando la nostra esperienza, troviamo assurdo che una manifestazione culturale di portata internazionale stabilisca che un biglietto d’ingresso costi 22 euro. Crediamo sia inutile, ovvio e quindi offensivo per chi legge, argomentare il perché.

Non sarà mai troppo tardi quando gli editori e chi lavora in questo bizzarro (e malsano) mondo dell’editoria capirà e imparerà che darvi meno importanza, o meglio darsi meno importanza e prendersi meno sul serio, depotenziare i meccanismi che muovono questa macchina infernale per immaginare altri modi più collaborativi e solidali, basati sul rispetto e sulla consapevolezza di sé e soprattutto degli altri, quindi su un’etica, potrebbero essere delle vie percorribili per l’autosostentamento. La cultura dovrebbe aprirsi e tendere verso la gente, evitando “egoriferimenti” inutili e piatti.

Vorremmo che questa spiacevole esperienza non rimanesse solo un brutto ricordo o un aneddoto dell’ultima edizione del Salone da raccontare con rabbia, ma servisse come caso su cui riflettere per provare a ridurre sempre di più che accada in futuro a altri editori e soprattutto per cambiare direzione e prospettiva.

Ora è la fiducia l’unica arma che ci è rimasta per riaversi dallo stordimento.
Certi del vostro silenzio, confidiamo di essere stupiti da una vostra riflessione.

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