07/09/2023

Territorio

Il Quoziente Intellettivo della popolazione mondiale è diminuito negli ultimi 20 anni. La causa principale? L’impoverimento del linguaggio

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Il Quoziente Intellettivo della popolazione mondiale è diminuito negli ultimi 20 anni. La causa principale? L’impoverimento del linguaggio

Da anni, il dibattito sull’Effetto Flynn domina la scena accademica: dopo un costante aumento del QI medio globale dal secondo dopoguerra agli anni ’90, si osserva infatti una preoccupante inversione di tendenza. Stranamente, questa diminuzione è più evidente nei Paesi sviluppati, e una delle possibili cause identificate è l’impoverimento del linguaggio.

La conoscenza lessicale e la complessità linguistica sono in calo. Non solo usiamo un vocabolario ridotto, ma stiamo anche perdendo sottigliezze linguistiche cruciali per un pensiero approfondito. La decrescente utilizzazione di tempi verbali specifici come congiuntivo o imperfetto ci imprigiona in un pensiero ancorato al presente, privandoci delle sfumature temporali. Dettagli come l’omissione delle maiuscole o la scomparsa di parole come “signorina” impoveriscono la nostra capacità di esprimere fasi di transizione e sfumature emotive.

La riduzione del linguaggio va di pari passo con la perdita del pensiero complesso. La violenza crescente potrebbe derivare dall’incapacità di articolare emozioni. Letteratura come “1984” di Orwell e “Fahrenheit 451” di Bradbury illustra come i regimi totalitari abbiano limitato la libertà di pensiero mediante la restrizione linguistica.

Senza strumenti linguistici adeguati, come possiamo riflettere sulla temporalità o ipotizzare? La ricchezza del linguaggio è fondamentale per la profondità del pensiero. È essenziale che educatori e genitori incentivino l’uso completo e complesso della lingua, poiché in questa sfida risiede la vera libertà. Semplificare eccessivamente la lingua è un passo indietro per l’intelletto umano. La libertà e la bellezza sono intrinsecamente legate alla profondità del pensiero.

Questo il pensiero del politologo Chrstophe Clavé sul tema: 

“Il Quoziente Intellettivo medio della popolazione mondiale sta diminuendo nell’ultimo ventennio.

Una delle cause è l’impoverimento del linguaggio.

Diversi studi dimostrano infatti la correlazione tra la diminuzione della conoscenza lessicale (e l’impoverimento della lingua) e la capacità di elaborare e formulare un pensiero complesso.

La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.

Un altro esempio: eliminare la parola “signorina” (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all’estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.

Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.

Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole.

Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
La storia è ricca di esempi e molti libri (1984, di George Orwell; Fahrenheit 451, di Ray Bradbury) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari abbiano sempre ostacolato il pensiero attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole.

Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole.

Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegniamo e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
Perché in questo sforzo c’è la libertà.

Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, sfrondare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.

Non c’è libertà senza necessità.
Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.»

 

 

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