26/03/2020

Cronaca

Coronavirus – Studio dell’Università di Torino: “Più Vitamina D per ridurre il rischio contagio”

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Interessanti i risultati ottenuti dall’Università di Torino, nello studio condotto dai professori di Geriatria, Giancarlo Isaia, e Istologia, Enzo Medico

Attraverso i dati raccolti in questi giorni a Torino è emerso che i pazienti ricoverati per coronavirus presentino mediamente una elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D.

Così spiegano gli scienziati: “Il compenso di questa diffusa carenza vitaminica – hanno dichiarato, ripresi da Repubblica – può essere raggiunto innanzitutto esponendosi alla luce solare per quanto possibile, anche su balconi e terrazzi, alimentandosi con cibi ricchi di vitamina D e, sotto controllo medico, assumendo specifici preparati farmaceutici”

Nel documento presentato dai ricercatori di Torino gli si suggerisce ai medici di assicurare i giusti livelli di Vitamina D nella popolazione e, in questo momento di emergenza, “soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare”.
E’ studiata anche la possibilità della somministrazione della forma attiva della Vitamina D, il Calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da coronavirus, anche nei casi di chi ha una funzionalità respiratori compromessa.

“Queste indicazioni derivano da numerose evidenze scientifiche – si legge nel documento dei ricercatori – Che hanno mostrato un ruolo attivo della Vitamina D sulla modulazione del sistema immune, la frequente associazione dell’Ipovitaminosi D con numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, tanto più in caso di infezione da COVID-19, un effetto della Vitamina D nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, incluse quelle da coronavirus e la capacità della vitamina D di contrastare il danno polmonare da iperinfiammazione”.
Per quanto riguarda i cibi, adeguate quantità di vitamina D si ottengono mangiando: olio di fegato di merluzzo, pesci, anche grassi come l’aringa, il tonno fresco, le sardine, lo sgombro e il salmone (anche in scatola). E ancora: funghi, uova e latte.
Tra le carni, quantità apprezzabili di vitamina D si hanno nel fegato di suino.

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